Care lettrici e cari lettori,
oggi voglio parlarvi di un tema interessante, che nel corso del tempo è stato oggetto di diverse virate giurisprudenziali. Sto parlando della compatibilità tra l’assegno divorzile e lo svolgimento di lavoro in nero da parte del soggetto che beneficia dello stesso.
In primo luogo occorre ricordare che l’assegno divorzile si configura come un contributo in favore dell’ex coniuge che non abbia adeguati mezzi di sussistenza e non possa procurarseli per ragioni oggettive.
Al riguardo, la giurisprudenza è sempre stata unanime nel ritenere che lo stipendio da lavoro irregolare costituisca comunque una fonte di sostentamento, in quanto tale influente sulla valutazione e quantificazione del diritto all’assegno di divorzio.
Ciò significa che, tendenzialmente, lo svolgimento di attività lavorativa in nero da parte dell’ex coniuge giustifica il venir meno o la ri-quantificazione del suo diritto all’assegno divorzile.
Questa impostazione, che per anni è stata la pietra miliare della giurisprudenza, sembra essere stata scalfita da una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 29627/2022 ha stabilito che l’ex coniuge che nel corso della vita coniugale ha sacrificato la propria carriera e il proprio lavoro per occuparsi della famiglia e dei figli, ha diritto a percepire l’assegno di divorzio anche se lavora in nero.
Nel caso di specie, è stato accolto il ricorso di una donna che si era vista negare l’assegno divorzile, svolgendo la stessa attività di colf a ore “in nero”: secondo i giudici di primo e secondo grado infatti, tale attività, anche se svolta irregolarmente, consente un’entrata economica che dà prova dell’indipendenza e autosufficienza della richiedente, escludendo quindi il suo diritto all’assegno stesso.
La Suprema Corte ha tuttavia ritenuto che questo criterio interpretativo, incentrato unicamente sulla funzione assistenziale dell’assegno divorzile, fosse limitante e non permettesse di considerare la funzione compensativo-perequativa dello stesso, in questo senso inteso quale riconoscimento per il contributo apportato dall’ex coniuge nel corso del matrimonio.
Da ciò si conclude che il godimento dell’assegno divorzile viene subordinato alla valutazione di diverse variabili quali:
- Il grado di indipendenza economica raggiunto dal richiedente;
- Possibilità o meno dell’ex coniuge di procurarsi autonomamente i propri mezzi di sostentamento: si tratta di un elemento di fondamentale importanza, in quanto consente di distinguere le situazioni di indigenza effettiva da quelle che invece vengono abusivamente paventate come tali.
In particolare, verrà valutata non solo l’età ma anche lo stato di salute psicofisico del richiedente e la capacità dello stesso di cercare e ottenere impiego, al fine di evitare che le richieste di assegno siano sorrette da inerzia piuttosto che da reale necessità;
- Comparazione tra le situazioni economiche degli ex coniugi;
- Valutazione dell’apporto fornito dall’interessato nel corso della vita coniugale alla luce della durata del matrimonio, dell’età dei coniugi e del tenore di vita goduto dalle parti coinvolte.
Dobbiamo quindi concludere che le possibili entrate economiche del richiedente non bastano, da sole, ad escludere il diritto all’assegno divorzile, il quale deve servire non solo a sostenere l’ex coniuge ma anche a ricompensarlo dell’impegno e dei contributi apportati nel corso della vita matrimoniale.
Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.
Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.
Avv. Fulvia Fois