ROVIGO – Lavorare in Carcere è già un mestiere difficile, la Polizia penitenziaria per anni ha chiesto l’aumento dell’organico, ma a Rovigo la situazione è diventata anche pericolosa. Non più detenuti comuni, ma anche un centinaio di persone legate al mondo della criminalità organizzata, che necessitano di un dispositivo di sorveglianza particolare. In totale i detenuti del Carcere martedì 14 marzo erano 211, circa la metà gli agenti impiegati (116), per la maggior parte giovani. Una struttura che si sta anche per ingrandire, ma è una cattedrale nel deserto. Gli agenti sono pochi, ci sono problemi con i riposi, manca un direttore ed un comandante stabile.

Non è la situazione ideale per gestire un Carcere di terza fascia, che opera come fosse di classe superiore, quindi con maggiori oneri per chi ci lavora. A questo problema cronico, che dura da anni, si sono aggiunti anche i detenuti psichiatrici, persone che stanno espiando la pena, ma che soffrono di disturbi seri, e il Carcere non è il luogo adatto per curarli. Manca il personale specializzato, quello che c’è fa anche troppo.
La Casa Circondariale di Rovigo è stata recentemente teatro dell’ennesimo atto violento ai danni di un poliziotto che ha riportato una prognosi di 21 giorni. Tra l’altro l’agente, vista la mancanza di sottufficiali, svolgeva mansioni che non gli competono.
Lo stesso detenuto era stato spostato dal Carcere di Verona per un fatto analogo, il cambio non ha sortito l’effetto desiderato, anzi. Circolari inutili e inapplicabili senza un numero di personale adeguato, 10 anni di blocco delle assunzioni ha creato una falla nel sistema, i nuovi concorsi non sono sufficienti.

Martedì 14 marzo, davanti al Carcere di Rovigo, Fp-Cgil Rovigo e Fns-Cisl Padova e Rovigo hanno voluto far sentire la voce degli agenti, di un sistema che non giova nemmeno ai detenuti.
“Denunciamo da tempo la carenza di personale e la riclassificazione dell’istituto – spiega il segretario regionale della Fp-Cgil Penitenziaria Veneto, Gianpietro Pegoraro – e inoltre abbiamo molti detenuti con problemi psicologici che non dovrebbero essere qui. La dotazione organica non rispecchia le esigenze dell’istituto, molto spesso vengono saltati i riposi settimanali per garantire i diritti ai detenuti. Manca un direttore in pianta stabile, e il comandante degli agenti. Stiamo segnalando da tempo la questione, però nessuno ascolta. La nostra paura è che possa verificarsi una situazione come nel 1982”.
Era il 3 gennaio 1982 quando gli “anni di piombo” sconvolsero anche la nostra tranquilla città. Erano le 15.45 di domenica pomeriggio, quando otto persone, guidate da Sergio Segio, leader di Prima linea, si avvicinarono a via Mazzini, con l’intento di far saltare il muro del vecchio carcere per favorire l’evasione di alcune detenute, appartenenti all’organizzazione armata di estrema sinistra. Un assalto in piena regola, i terroristi, armati di pistole, mitra e fucili, scatenano un inferno di piombo: sparano verso l’alto, contro il muro di cinta costringendo così le guardie penitenziarie di sentinella a ripararsi dietro al parapetto. Tutto avviene nel giro di pochi secondi. Massimo Carfora entra in scena alla guida di un’A112 e la lascia radente al muro di cinta del Carcere, poi accende la miccia dell’esplosivo appoggiato sul sedile.

Una sorta di piccolo terremoto che apre una breccia di un metro e mezzo nel muro. Fumo e brandelli di pietra investono gli edifici lungo la via in un raggio di 80 metri. I vetri delle case vanno in frantumi, sette le persone che riporteranno lesioni non gravissime. Susanna Ronconi, Federica Meroni, Marina Premoli e Loredana Biancamano evadono, a terra resteranno 68 bossoli di pistola e fucile, e Angelo Furlan, 64enne in pensione a spasso con il cane. Vani i soccorsi.
“La riclassificazione dell’istituto darebbe anche un riconoscimento economico agli agenti” – sottolinea Pegoraro.
“Non è un istituto ambito – afferma la delegata della Cgil Barbara Marchioni – quando ci sono gli appelli per l’assegnazione di un direttore, Rovigo è classificato come un istituto di terzo livello, però c’è un reparto di Alta Sicurezza che necessiterebbe di un muro di cinta agibile, un numero di personale in tutti i gradi, ci sono pochissimi sottufficiali, gli agenti sono molto bravi, preparati e rispettosi, hanno anche una buona capacità di mediazione con i detenuti, ma sono soli. Se avessimo un comandante ed un direttore ogni giorno, e non solo reperibile telefonicamente, la situazione sarebbe molto più agevole, anche per prendere delle decisioni con più serenità”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Matteo Iannuzzi della Fns Cisl “Quella di oggi è una manifestazione di solidarietà verso i colleghi che operano sotto organico, con una quasi totale assenza di sottufficiali, l’istituto è gestito da agenti giovani, con buona volontà e la giusta preparazione, ma l’ultima aggressione nei confronti di un operatore di Polizia penitenziaria che ha portato alla prognosi di 21 giorni, abbiamo fatto una segnalazione chiedendo un provvedimento nei confronti del detenuto per dare un segnale forte, anche a chi lavora. Doveva seguire un trasferimento d’ufficio come previsto da una circolare dell’Amministrazione penitenziaria del 2020, dopo i fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Alla nostra richiesta la direzione ci ha risposto, che dopo aver interpellato il Provveditorato regionale, l’episodio non era così grave. Detenuto che già a Verona era stato protagonista di un ferimento di un agente con una lametta, di qui il trasferimento a Rovigo. Un detenuto con problemi psichici, trasferito in un istituto dove mancano personale e strutture mediche predisposte per soggetti con simili patologie (ci dovrebbe essere una assistenza medica specifica 24 su 24, ovviamente a Rovigo non c’è). Questo è un Istituto nato male, senza ala giusta dotazione organica, senza un comandante e un direttore, come una nave in mezzo all’Oceano senza equipaggio ad occhi chiusi”.
L’unica struttura nelle vicinanze, atta ad accogliere persone con problemi di questo tipo è a Legnago, 20 i posti disponibili, ed è pure commissariata.
A Rovigo anche Giuseppe Terracciano, segretario territoriale aggiunto della Fns Cisl Veneto, “Le colpe non sono solo del nuovo Provveditore, è una faccenda che si trascina dalle varie Amministrazioni, la questione di Rovigo è basata sulla struttura del direttore e del comandante, i direttori si trovano a gestire anche più istituti. I colleghi lamentano il minimo previsto dalla circolare, non dobbiamo aspettare una aggressione”.
“Se non riusciamo a mettere in sicurezza il carcere – ha sottolineato il segretario della Fp Cgil Davide Benazzo – non riusciamo nemmeno a mettere al riparo il territorio. Tra gli ospiti ci sono anche ex affiliati alla mafia, la preoccupazione è proprio per il territorio. Bisogna classificare il carcere per quello che è, il problema non è solo dentro, ma anche fuori”. Bisognerebbe anche incentivare le udienze in videoconferenza, per spostare detenuti di Alta Sorveglianza serve una scorta particolare, e se gli agenti sono impegnati all’esterno, nella struttura ne rimangono ben pochi.
Nulla è cambiato negli anni, anzi la situazione è peggiorata.