Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlarvi di una recente ed interessante sentenza della Corte di Cassazione che, a tratti, ha suscitato anche qualche sorriso ma che, in realtà, di divertente non ha proprio nulla.
È molto probabile che ciascuno di voi conosca almeno una persona con la mania del risparmio: persone che spaccano in quattro il centesimo e prestano particolare attenzione ad evitare ogni tipo di dispendio patrimoniale.
Se, sotto un certo punto di vista, questo tipo di condotta può essere qualificata come una dote, come in ogni ambito, tuttavia, anche in questo caso “il troppo storpia”, con conseguenze anche gravi, come testimoniato dalla pronuncia di cui voglio parlarvi oggi.
Il caso è quello di un uomo che, nonostante le condizioni economiche agiate, è ossessionato dal risparmio e, per questo, impone alla propria compagna uno stile di vita al limite dell’umanamente tollerabile.
Per risparmiare, infatti, l’uomo centellina le spese alimentari, sceglie lampadine a bassissimo voltaggio, limita al minimo l’utilizzo di gas, pretende che i tovaglioli di carta siano riutilizzati decine e decine di volte. Ma non solo.
Con il passare degli anni, infatti, quello che sembrava essere semplicemente un sintomo di responsabilità e oculatezza diventa una vera e propria ossessione, che porta l’uomo ad intervenire anche sulla persona della propria compagna, dando così vita ad un vero e proprio clima di sopraffazione divenuto intollerabile.
L’uomo, infatti, impone alla donna di fare la doccia soltanto una volta alla settimana, pretendendo che la stessa poi recuperasse l’acqua utilizzata in una bacinella in modo da poterla riutilizzare.
In caso di utilizzo della toilette, poi, erano consentiti soltanto 2 strappi di carta igienica.
Oltre a ciò, l’uomo proibiva alla compagna qualsiasi tipo di acquisto, imponendole addirittura in quale supermercato fare la spesa e, se questa disobbediva, la sua mania sfociava in insulti e scenate che portavano la vittima a nascondere ogni prova anche solo di un caffè consumato al bar.
Insomma, un vero e proprio incubo che ha segnato profondamente la donna, portandola addirittura a soffrire di stress post traumatico e a sviluppare intenti suicidari.
Il caso arriva anche alla Corte di Cassazione, ove i Giudici hanno ritenuto che le condotte dell’imputato potessero essere qualificate come maltrattamenti.
I Giudici si soffermano in particolare sulla concezione di rapporto matrimoniale, che, contrariamente al caso in esame, dovrebbe essere fondato su un progetto di vita che riguarda anche le spese e il risparmio.
Come si legge nella sentenza n. 6937/2023, la Corte ha ritenuto “prevedibile e ragionevole che con il matrimonio i coniugi stabiliscano anche uno stile di vita, magari improntato al risparmio, anche rigoroso e non necessitato che, tuttavia, deve essere condiviso e non possa essere imposto, men che mai in quelle che sono le minimali e quotidiane esigenze di vita in casa e accudimento personale”.
Nel caso in esame, invece, l’imputato ha reiteratamente imposto le proprie condotte abituali con atti o parole offensivi del decoro e della dignità della persona e comportamenti anche aggressivi, suscettibili di produrre sensazioni dolorose e fortemente lesive del benessere psico-fisico della persona offesa, circostanze che hanno giustificato la condanna dell’uomo alla reclusione.
COSA NE PENSO IO?
Come ripeto sempre, i maltrattamenti e la violenza in genere conoscono infinite forme e modalità di manifestazione, spesso molto subdole e non facilmente riconoscibili soprattutto se si rimane legati al dato normativo senza usare la giusta flessibilità.
Come nel caso in esame, infatti, capita spesso che condotte violente siano “giustificate” come naturali inclinazioni della persona che abbiamo accanto e che ci dobbiamo sforzare di accettare con tutti i suoi pregi e difetti.
Così non è!
Se qualcosa dentro di voi sussurra che la vita che state facendo e quello che state sopportando è troppo, è perché lo è davvero e dovete intervenire per il vostro bene.
Non rimanete indifferenti, né verso voi stessi né verso chi potrebbe vivere una situazione simile ma ancora non se ne è accorto.
Questo è lo scopo di questa rubrica, quello di divulgare l’informazione giuridica contribuendo così a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.
Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail foislegalsolutions2.22@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.
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Avv. Fulvia Fois