ROVIGO – Se la prendono con l’agrifotovoltaico che non inquina, non ruba terreno agricolo, produce energia rinnovabile e non climalterante, è una pratica da perseguire secondo le missioni del Pnrr italiano, ma anche secondo il programma Renew Europe, ed al tempo stesso si dimenticano di contrastare le pratiche inquinanti, e pericolose come l’estrazione di idrocarburi, il trattamento di rifiuti speciali pericolosi, o impianti che con l’economia circolare non hanno nulla a che fare, come quelli per la produzione di biometano da rifiuti agroalimentari, organici o fanghi.
“I pannelli fotovoltaici tra i vigneti del prosecco hanno sollevato una polemica che ha costretto il proprietario a rimuoverli in quanto quelle colline sono parimonio dell’Unesco” riporta l’attivista di Italia Nostra Vanni Destro anche portavoce della Rete dei comitati polesani a difesa della salute e dell’ambiente.
“Nel Parco regionale veneto del Delta del Po, riserva MAB dell’Unesco, sono in progetto 500 ettari circa di agrivoltaico nel solo territorio del Comune di Adria, diversi impianti per la produzione di biometano derivante dalla pollina di decine di allevamenti avicoli intensivi per qualche milione di capi e almeno un paio di progetti di impianti per il trattamento di fanghi e rifiuti speciali per circa 200.000 tonnellate complessive, e va tutto bene.
Senza scordare la possibilità, offerta dalle nuove norme varate recentemente in materia di estrazioni di metano, che consentirebbero nuove trivellazioni in prossimità fella sua costa senza curasi dei rischi legati al fenomeno della subsidenza che ne potrebbero derivare.
Che senso ha tutto questo?
Esistono patrimoni dell’Unesco con valore diverso?
Che cosa si è deciso in Regione debba essere il Parco del Delta del Po veneto: un territorio che si possa sviluppare anche economicamente secondo le proprie peculiarità e vocazioni, o la discarica di tutte le porcherie venete e non solo?”.