BADIA POLESINE (Rovigo) – Il 24 gennaio, nell’ex refettorio della Vangadizza, il prof. Claudio Vercelli ha tenuto una conferenza del sul tema: L’antisemitismo nella storia del Novecento. Nell’occasione, l’assessore alla cultura Valeria Targa ha ricordato lo spettacolo inedito “Il sangue di Giuditta”che venerdì 27 gennaio, in occasione del giorno della memoria, sarà rappresentato nel teatro Balzan.
Il presiedente dell’Isers Livio Zerbinati ha poi introdotto la conferenza intesa ad indagare i meccanismi attraverso i quali si è arrivati allo sterminio nazista, chiaramente figlio di un percorso culturale e di una sedimentazione di pregiudizi in cui il nemico è l’altro, il diverso, percepito come ostile. Un atteggiamento che ha radici antiche ed è stato alimentato con la menzogna (come l’accusa del sangue), lucrando sulla paura ma anche per inconfessabili invidie e revanscismi economici.
È stato anche affrontato il fenomeno negazionista dello sterminio. Il negazionismo, è stato detto, ha molte facce e purtroppo coinvolge anche l’intellighenzia laica e religiosa. Quando entra nelle stanze della politica diventa estremamente pericoloso, perché se crolla il racconto dell’olocausto e cioè si nega la storia, cade un architrave della democrazia. Il negazionismo, spessissimo di accompagna al complottismo, che nel caso ebraico coltiva la convinzione che questi siano gli ispiratori del nuovo ordine mondiale.
Lo storico ha spiegato che il negazionismo è un fenomeno oltre che politico anche mentaledi deresponsabilizzazione etica e morale. Nacquegià durante gli anni dello sterminio ma è proseguito fino ai nostri giorni.
Il prof. Vercelli, che è docente universitario di storia dell’ebraismo, al termine della dotta ricostruzione su intolleranza, xenofobia, razzismo, ha risposto ad alcune pungenti domande sfociate in un vivace dibattito. Quando qualcuno ha sollevato dubbi sull’efficacia della giornata della memoria “…se dopo quasi vent’anni dall’istituzione appena il 16% degli italiani sa cosa sia la Shoah”, il professore sorprendendo non poco l’uditorio, ha affermato che la giornata della memoria così com’è non funziona, spiegandone i motivi. Da un lato finisce per essere ridondante e paludata, dall’altro rischia d’essere soffocata dal proliferare concomitante di altre ricorrenze civili, anche di opposta ispirazione e l’inflazione celebrativa “…crea diffidenza”.
Dismettendo l’aplomb, il professore si è acceso contro “…il racconto di equivalenze e paragoni impropri” che queste concorrenti celebrazioni producono, svilendo la Shoah ad un fenomeno come tanti, “Ma la storia non è par condicio”. Rilanciando ha chiesto: “Domandiamoci quale sia il senso della celebrazione del 26 gennaio degli alpini impegnati in Russia: Cosa ci facevano a Nikolaevka? Andavano a raccogliere i girasoli? O piuttosto ad assoggettare le popolazioni slave e perseguitare gli ebrei”. La stessa giornata del ricordo ha concluso, ricomponendosi, “…con tutto il rispetto, non è la shoah degli italiani”.
Quel che piuttosto manca è la partecipazione civile, specialmente dei giovani. “Guardatevi intorno, in questa sala siamo tutti over cinquanta” ha chiosato il professore. “Attenzione però – ha concluso – perché la chiusura nel privato favorisce la debolezza delle democrazie e il cedimento alle autocrazie seduttive. Gli esempi di Capitol Hill e di Bolzonaro ne sono una conferma allarmante”.
Ugo Mariano Brasioli