Pietro Bertoncin e le sue nozze di platino con la fotografia 

Innamorato del suo lavoro, oggi come allora, sostiene che “La fotografia la devi vedere prima di farla”. Attività storiche, un punto di riferimento a Badia Polesine (Rovigo) 

BADIA POLESINE (Rovigo) – In città vive un signore novantaduenne che qualche tempo ha festeggiato le nozze di “Nozze di diamante” con l’attività di fotografo e, seppur da “collaboratore” della figlia Angiolina, ha superato quelle “di Platino” (65 anni), puntando ora a quelle di “di Titanio”. 

È Pietro Bertoncin, persona discreta ma stimata da tutti. Piero (come lo chiamano affettuosamente gli amici), nonostante l’età e qualche inevitabile acciacco, è tuttora lucidissimo e solo per “scaramanzia” (perché ha notato che quai tutti muoiono nell’anno) non ha voluto partecipare alla premiazione delle “attività storiche” del 1° maggio in municipio.

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Nativo di Piacenza d’Adige ma trasferitosi giovanissimo a Badia, ha iniziato sviluppando le fotografie già nel 1946, animato dalla passione e dalla necessità di contribuire al sostentamento della famiglia. Aprì la sua prima bottega in via Roma, nel 1956, prima di trasferirsi nel 1958 in via degli Estensi. Ricorda gli anni pionieristici dello sviluppo analogico in bianconero e a colori, degli ingombranti flash con lampade al magnesio a scarica elettrica e i preziosi suggerimenti dell’indimenticato maestro Cantella, un amatore evoluto col quale si confrontava abitualmente. “Iniziai, – racconta Pietro -, con una Finetta a telemetroacquistata a debito da Zago, per arrivare prima alla ‘Rolleiflex biottica’, poi alla Contax con obiettivi Zeiss e infine alla prima delle cinque Hasselblad possedute”. Nei primi anni 70′, i tempi d’oro della fotografia, Pietro installò un nuovo laboratorio sviluppo e stampa a colori, dove affluivano i moltissimi rullini per essere sviluppati; un investimento importante che gli permetteva di rispondere con celerità alle crescenti richieste. “Era una sviluppatrice professionale da 140 milioni di lire…- racconta – m’indebitai ma le cose andarono bene”.

A quell’epoca il fotografo era necessariamente anche un artigiano e doveva saper sviluppare le pellicole e le stampe, destreggiarsi con le soluzioni di sviluppo fotografico cimentandosi con la sperimentazione. La camera oscura era la mia casa” aggiunge a quel cronista al quale, nel lontano 1975, fece il servizio fotografico premilitare da “cappellone”. 

Innamorato del suo lavoro Pietro, oggi come allora, sostiene che “La fotografia la devi vedere prima di farla”. 

Nell’intervista, ci ha rivelato un piccolo retroscena: Quasi tutto l’archivio della ‘raccolta’ curata dal prof. Tardivello per il museo Baruffaldi, si basa su sue fotografie e del maestro Cantella. “Conservo ancora gelosamente i negativi dei personaggi venuti a Badia come Tina Anselmi, Giovanni Spadolini, “Toni” Bisaglia e le famose cene “All’alpino”, di momenti epici e mondani della storia paesana (come il matrimonio di Dominique De Rostolan con la nipote di ToulouseLautrec) e degli affollatissimi consigli comunali degli anni settanta, quando il ‘mitico Polignano’ si esibiva in siparietti memorabili con tanto di scioperi della fame”. 

Poi la rivoluzione tecnologica introdotta dal digitale ha banalizzato la foto come dimostra l’imperare dei selfie: “Una volta scattare e stampare una fotografia richiedeva tempo e denaro, si usava la macchina a pellicola in occasioni speciali, un matrimonio, una festa, un viaggio. Oggi non è più così, perché chiunque può scattare un’immagine in qualsiasi momento e tutti si sentono fotografi ma la fotografia è un’altra cosa”.

Pietro (Piero), che il giorno dopo la premiazione del 1° maggio scorso, si è recato al negozio di via Estensi per controllare se la targa dell’ “Attività storica” fosse stata esposta in vetrina, è uno scrigno vivente di memorie locali, per così dire “da preservare”. Complimenti a Pietro da tutta la redazione di Rovigo.News.

Ugo Mariano Brasioli 

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