Veneto virtuoso: regione tra le più fedeli al Fisco con imponibile evaso al 10%

Benchè la pressione fiscale abbia raggiunto il record storico del 43,5% del Pil, in Veneto l'evasione è al 10%. Lo documenta l'Ufficio studi della Cgia di Mestre

VENEZIA – “Abbiamo finalmente cancellato l’evasione fiscale?” E’ la domanda-provocazione lanciata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che, sulla base dei dati presentati nelle settimane scorse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e dall’Agenzia delle Entrate, ha ricordato che l’anno scorso a livello nazionale l’erario ha incassato, rispetto al 2021, 68,9 miliardi in più di entrate tributarie e contributive, ha recuperato 20,2 miliardi di evasione e ha “bloccato” 9,5 miliardi di frodi. Questo maggior gettito, pertanto, ammonta complessivamente a 98,6 miliardi di euro. Un importo che ha una dimensione leggermente inferiore alla stima dell’evasione fiscale e contributiva presente in Italia che, secondo le stime, ammonterebbe attorno ai 100 miliardi di euro.

L’infedeltà fiscale è più diffusa al Sud. Veneto virtuoso

Sebbene gli ultimi dati disponibili dell’Istat siano riferiti al 2020, anno fortemente condizionato dall’emergenza pandemica, la percentuale dell’economia non osservata sul valore aggiunto regionale registrava le soglie più elevate nel Mezzogiorno. Se in Sicilia si attestava al 16,8 per cento, in Puglia al 17 per cento, in Campania al 17,7 per cento e in Calabria che, con il 18,8 per cento, continua a essere la regione più a rischio evasione d’Italia. Le realtà più fedeli al fisco, invece, erano la Provincia Autonoma di Trento con il 9 per cento, la Lombardia con l’8,4 per cento e, la meno interessata da questo triste fenomeno, la Provincia Autonoma di Bolzano con un’incidenza dell’8,2 per cento. La media nazionale si fermava all’11,6 per cento. La nostra regione, invece, si colloca nella parte più virtuosa della graduatoria. Nel 2020, al pari dell’Emilia Romagna, registrava una percentuale di economia non osservata sul valore aggiunto regionale pari al 10,1 per cento che, in termini assoluti, corrispondeva ad un imponibile evaso pari a 13,8 miliardi di euro. Sempre avvalendosi della incidenza dell’economia non osservata sul valore aggiunto regionale, a livello nazionale solo il Friuli Venezia Giulia (9,4 per cento), la Lombardia (8,4 per cento) e il Trentino Alto Adige presentavano nel 2020 un tasso inferiore al nostro.

Economia non osservata: incidenza sul valore aggiunto

(valori in % – anno 2020)

RegioniSotto dichiarazioneLavoro irregolareAltroTOTALE
Calabria7,08,33,618,8
Campania7,56,93,317,7
Puglia7,76,23,117,0
Sicilia6,76,63,516,8
Sardegna6,96,12,715,8
Molise7,15,42,915,4
Basilicata6,25,43,014,6
Umbria7,04,62,213,7
Abruzzo6,55,02,113,6
Marche7,13,82,313,1
Toscana6,53,72,212,5
Liguria5,43,82,511,7
Lazio4,64,52,211,3
Valle d’Aosta4,83,82,010,5
Piemonte4,93,52,010,3
Veneto5,23,11,710,1
Emilia Romagna4,73,42,010,1
Friuli Venezia Giulia4,53,21,79,4
Prov. Aut. Trento3,53,42,19,0
Lombardia4,03,01,58,4
Prov. Aut. Bolzano2,93,32,18,2
ITALIA5,34,22,211,6
Nord-ovest4,33,21,79,2
Nord-est4,73,31,99,8
Centro5,64,22,212,0
Mezzogiorno7,16,53,216,8
Fonte Istat

Note

Correzione della sotto-dichiarazione Stima di quella parte dell’Economia Sommersa che deriva da sotto-dichiarazione del valore aggiunto all’Amministrazione Finanziaria realizzata anche tramite occultamento del fatturato o errate comunicazioni dei costi sostenuti

Lavoro irregolare parte del valore aggiunto realizzata attraverso l’occupazione non regolare cioè non dichiarate dalle imprese

Altro Comprende anche altri aspetti non individuati con le due tipologie precedenti, quali gli affitti in nero o le mance non dichiarate. In questa tabella, nella voce “altro” è compresa anche l’economia “illegale” che non comprende la valutazione economica dell’economia criminale, ma solo di quella relativa ad attività illegali che consistono in uno scambio volontario tra le parti (traffico sostanze stupefacenti, prostituzione, contrabbando di sigarette).

Una provocazione con un fondo di verità

Tornando alla domanda iniziale, possiamo pertanto affermare che abbiamo azzerato l’evasione? Certamente no, sebbene abbiamo imboccato la strada giusta per la sua progressiva riduzione. Infatti, una quota preponderante dei 68,9 miliardi incassati in più sono riconducibili al buon andamento dell’economia verificatasi l’anno scorso che include un importo – sicuramente contenuto ma ogni anno in costante aumento – ascrivibile agli effetti della compliancefiscale. Dunque, possiamo dire che un fondo di verità c’è.

Ecco chi continua a non pagare

Se teniamo conto degli effetti riconducibili alla fatturazione elettronica, allo split payment e all’attività di controllo praticata dal fisco attraverso l’incrocio dei dati presenti nelle proprie banche dati, rispetto a qualche anno fa gli evasori hanno la vita più dura. Certo, non tutti. Chi è completamente sconosciuto al fisco continua imperterrito a farla franca, così come le organizzazioni criminali di stampo mafioso che sempre con maggior dedizione seguitano a coltivare i propri traffici illegali. Poco “sensibili” alla fedeltà fiscale lo sono anche quelle multinazionali e i giganti del web che, in Italia, realizzano profitti miliardari, ma la stragrande maggioranza delle imposte le versano nei paesi a elevata fiscalità di vantaggio.

La riforma fiscale

In attesa di poter disporre di ulteriori informazioni sul testo approvato giovedì scorso dal governo Meloni, per l’Ufficio studi della CGIA una riforma fiscale che abbia l’ambizione di definirsi tale deve, innanzitutto, indicare preventivamente quanto costa e dove si recuperano le coperture, dopodiché ha il compito di conseguire, in tempi ragionevolmente brevi, almeno altri tre punti:

  1. la riduzione del carico fiscale a famiglie e imprese;
  2. la semplificazione del rapporto tra il fisco e il contribuente;
  3. la riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Il mancato raggiungimento di questi obbiettivi costituisce un serio pericolo che la stessa sia destinata a fallire o comunque non in grado di dare una seria risposta alle tante istanze dei contribuenti che da tempo chiedono un fisco più equo e meno complicato.

Lo sforzo fiscale delle nostre imprese è al top

Le imprese italiane sono tra le più tartassate d’Europa. Nel confronto con i principali Paesi UE, purtroppo, la percentuale del gettito fiscale riconducibile alle aziende italiane sul totale nazionale è nettamente superiore, ad esempio, a quella tedesca, francese e spagnola.

Se nel 2020 da noi ha raggiunto il 13,5 per cento (garantendo un gettito di 94,3 miliardi di euro) in Germania era al 10,7 per cento (144, 8 miliardi di imposte versate), in Francia al 10,3 per cento (108,4 miliardi versati) e in Spagna al 10,1 per cento (41,7 miliardi di gettito). Rispetto alla media europea scontiamo oltre 2 punti percentuali in più.

Contributo delle imprese al gettito nazionale

(anno 2020)

RankNazioni% sul totale del gettito fiscalegettito
(milioni di euro)

RankNazioni% sul totale del gettito fiscalegettito
(milioni di euro)
1Malta19,0737 16Portogallo9,76.821
2Irlanda19,014.218 17Slovenia9,51.677
3Polonia19,035.468 18Finlandia9,59.410
4Cipro18,91.407 19Slovacchia9,43.021
5Lussemburgo14,63.595 20Svezia7,916.011
6Paesi Bassi14,044.465 21Romania7,74.443
7Italia13,594.296 22Croazia7,71.431
8Belgio13,426.821 23Danimarca7,611.156
9Austria11,318.027 24Lituania7,21.103
10Germania10,7144.872 25Grecia5,43.455
11Rep. Ceca10,68.238 26Estonia5,2479
12Francia10,3108.464 27Lettonia3,2297
13Spagna10,141.752  Unione Europea11,3607.101
14Ungheria10,14.987  Euro Area11,3523.533
15Bulgaria9,81.833     
Elaborazione Ufficio studi CGIA su dati Eurostat

Un ulteriore elemento che conferma l’elevato livello di tassazione sulle nostre imprese emerge dal confronto delle principali aliquote che gravano sul reddito imponibile delle società. Se in Italia si attesta al 27,9 per cento, tra i nostri principali competitor scorgiamo che in Francia è al 25,7 per cento e in Spagna al 25 per cento. Tra i big solo la Germania, pari al 29,8 per cento, sconta un livello superiore al nostro. Rispetto alla media europea, in Italia l’aliquota è superiore di ben 6,7 punti.

Principali aliquote dell’imposta sul reddito delle società

(anno 2022)

RankNazioniAliquota %
RankNazioniAliquota %
1Malta35,0
16Lettonia20,0
2Portogallo31,5
17Finlandia20,0
3Germania29,8
18Repubblica Ceca19,0
4Italia27,9
19Polonia19,0
5Francia25,8 20Slovenia19,0
6Paesi Bassi25,8
21Croazia18,0
7Belgio25,0
22Romania16,0
8Spagna25,0
23Lituania15,0
9Austria25,0
24Irlanda12,5
10Lussemburgo24,9
25Cipro12,5
11Danimarca22,0
26Ungheria10,8
12Grecia22,0
27Bulgaria10,0
13Slovacchia21,0
 Unione Europea21,2
14Svezia20,6
 Euro Area23,0
15Estonia20,0



Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Eurostat

La pressione fiscale nel 2022 ha toccato il livello record

Come abbiamo richiamato più sopra, uno degli obbiettivi principali di una seria rivisitazione del nostro sistema di tassazione è quello di alleggerirne il peso sui contribuenti. Nel 2022, la pressione fiscale in Italia, data dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, ha raggiunto il 43,5 per cento; un livello mai toccato in precedenza.

Il record storico raggiunto l’anno scorso, comunque, non è riconducibile ad un aumento della tassazione su famiglie e imprese, ma dal combinato disposto di tre aspetti congiunturali distinti.

Il primo da un forte aumento dell’inflazione, che ha fatto salire le imposte indirette; il secondo dal miglioramento economico e occupazionale avvenuto, in particolar modo, nella prima parte dell’anno, che ha favorito la crescita delle imposte dirette e il terzo dall’introduzione nel biennio 2020-2021 di molte proroghe e sospensioni dei versamenti tributari, agevolazioni che sono state cancellate per il 2022.

Oltre a queste tre specificità, va altresì considerato che a partire da marzo 2022 le famiglie italiane percepiscono l’assegno unico, misura che ha sostituito le “vecchie” detrazioni per i figli a carico. Questa novità (a parità di condizioni) ha delle evidenti implicazioni sul calcolo della pressione fiscale. Se le detrazioni riducevano l’Irpef da versare al fisco, la loro abolizione ha incrementato il gettito fiscale complessivo annuo di circa 8,2 miliardi di euro. Ricordiamo che, ora, le risorse per erogare l’assegno unico vengono contabilizzate nel bilancio statale come uscite.

In termini assoluti, infine, segnaliamo che secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio-dicembre 2022), le entrate tributarie e contributive sono aumentate, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, complessivamente di 68,9 miliardi di euro (+9,2 per cento). Di queste, le entrate tributarie sono aumentate di 53,7 miliardi (+10,5 per cento) e le contributive di 15,7 miliardi (+6,4 per cento).

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