LENDINARA (Rovigo) – Paolo Del Debbio, ospite domenica 1 maggio al Ballarin di Lendinara non ha bisogno di presentazioni per cui, saltando a piè pari qualsiasi riferimento curriculare, in queste righe ci occupiamo della mera cronaca. Reduce dal precedente incontro pomeridiano al Teatro Dim di Castelnuovo del Garda, Del Debbio è approdato a Lendinara portato dalla Fondazione Aida per la presentazione del suo ultimo libro: Le 10 cose che ho imparato dalla vita, nel quale racconta gli anni trascorsi in seminario, l’incontro con i pensatori cristiani e il fascino del divino.
Del Debbio è parso preoccupato dalla deriva che proviene dagli Stati Uniti per cui si ritengono le lettere e le materie umanistiche come inutili. Invece, togliere lo studio del greco e del latino è gravissimo perché impoverisce la cultura
Dopo i saluti istituzionali del sindaco Luigi Viaro, il noto volto televisivo si è concesso al dialogo con la moderatrice Federica Augusta Rossi che, prendendo spunto dal libro, l’ha stimolato a parlare delle sue origini. Origini che fondano le radici in una famiglia di modeste condizioni ma che l’ha educato ad essere felice anche con poco. “Sono cresciuto giocando con la fionda e altri attrezzi auto costruiti – ha raccontato – in un ambito familiare che aveva conosciuto la fame e la guerra (il padre fu deportato Luckenwalde) ma anche una famiglia popolare che ha saputo trasmettermi la fame della vita”. Questo spiegherebbe a suo dire la frequentazione delle periferie e dei mercati dove si respira la vita vissuta che rifiuta l’ipocrisia.
Se non è un’autobiografia, il libro costituisce una riflessione sul mondo, sugli altri e su se stesso in un lungo viaggio senza sosta la cui filosofia è una sola: “L’importante non è superare traguardi, ma imparare ogni volta qualcosa”.
Del Debbio si è rivelato per quel che è: un pensatore e un uomo attraversato come noi da passioni, contraddizioni e difficoltà senza scorciatoie, ma sempre fedele a valori in cui l’amore per Dio convive con l’amore per le donne e la passione per le idee liberali.
Rispondendo in qualche modo al Sindaco, l’ospite ha sostenuto che creare occasioni nelle quali si offra opportunità per tutti, significa costruire la comunità auspicata.
Piuttosto Del Debbio è parso preoccupato dalla deriva che proviene dagli Stati Uniti per cui si ritengono le lettere e le materie umanistiche come inutili. Invece, togliere lo studio del greco e del latino è gravissimo perché impoverisce la cultura “…perché il mondo non va capito con le risposte ma con le domande che ciascuno si pone; è l’interlocuzione che migliora la società perché dalla domanda dipende poi la risposta”. È l’arte del ragionamento, articolato da una premessa seguita da uno svolgimento e infine dalla conclusione. Usando la metafora dello Stelvio, che non si può scalare senza i tornanti, la conclusione proposta è che per salire nella vita, anche se talvolta è doloroso, bisogna pensare. Purtroppo anche secondo Del Debbio i social contribuiscono alla banalizzazione e all’appiattimento del pensiero, fino a creare delle dipendenze. Per contrastare questa deriva serve una sinergia fra famiglia, scuola e la comunità locale di riferimento per creare occasioni di socialità vera e occasioni di pensiero.
Ugo Mariano Brasioli