ROVIGO – La prima partita in Serie A tra Rovigo e Petrarca si è giocata il 17 ottobre del 1948 a Padova. Vinsero i rossoblù 9 a 3. Il Rovigo, anche se era solamente al suo quarto campionato di massima divisione (al quale bisognerebbe aggiungere anche la stagione 1940/41 interrotta dopo sette giornate per il ritiro dal torneo) era già una delle protagoniste della competizione. In quel campionato i bersaglieri andarono a giocarsi lo scudetto in uno spareggio a tre con Roma e Parma, le “grandi” di quel periodo. Finirono secondi perdendo di misura la sfida decisiva con la Roma. Il Petrarca, invece, era al suo primo campionato di Serie A e a fine stagione riuscì ad evitare la retrocessione solo grazie alla vittoria nello spareggio salvezza con il Genova.
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Nessuno poteva immaginare che quella domenica pomeriggio di metà ottobre del 1948 potesse essere la data di nascita della sfida più bella e sentita del movimento rugbystico italiano. Da quel campionato Rovigo e Petrarca non hanno più abbandonato la massima ribalta del rugby nazionale e sabato 28 maggio si troveranno ancora l’una di fronte all’altra nel derby numero 173 che vale lo scudetto. Delle altre otto avversarie che rossoblù e bianconeri affrontarono in quel torneo del 1948/49 è rimasta poca traccia. Qualcuna non c’è più, le altre, tra fusioni, cambi di nome e rifondazioni, si sono sparpagliate nelle serie inferiori. Le due “vecchie signore” del rugby italiano, invece, sono ancora sulla scena più importante incuranti degli anni che passano e per nulla disposte a cedere il passo.
Sia il Rovigo che il Petrarca hanno attraversato i loro momenti difficili e non sempre sono state tra le protagoniste del campionato lasciando spazio alle new entry che di volta in volta si sono affacciate ai vertici del torneo. Con moderazione, però, perché immancabilmente dopo i loro periodi di appannamento, non moltissimi per la verità, Rovigo e Petrarca sono sempre tornate a fare la voce grossa facendo capire alle nuove pretendenti che non sarebbe stato facile scalzarle. Una storia lunga quasi 75 anni ha impregnato questa sfida di umori e di personaggi fino a creare una tradizione dalla quale è scaturita una rivalità sportiva con forti connotazioni sociali vista la diversa estrazione delle due società. Che queste due squadre si ritrovino oggi, come lo scorso anno, a giocarsi il tricolore non è un caso. Anche in un rugby come quello degli ultimi decenni, nel quale le squadre si costruiscono più con il mercato che con il vivaio, il valore del proprio vissuto e del proprio ambiente ha ancora la sua importanza.
Quando altre società, magari con il portafoglio più gonfio, hanno cercato di mandare in pensione le due “vecchiacce”, forse meno pronte delle concorrenti ad adattarsi al cambiamento imposto dal “professionismo straccione” come lo definì l’ex giocatore e presidente del Petrarca, Andrea Rinaldo, ci sono riuscite solo per un periodo limitato, quello consentito da un bilancio che dopo alcune stagioni non ce la faceva più ad equilibrare entrate ed uscite. Rovigo e Petrarca, allora, erano sempre lì, pronte a riprendere il proprio ruolo di protagoniste con il loro bagaglio di tradizione e di profondo legame con il territorio, tutta roba che non si compra dal bottegaio sotto casa. Rovigo e Petrarca in fondo rappresentano le facce di una stessa medaglia, una completamente diversa dall’altra che insieme, però, rappresentano i valori di questo sport che hanno interpretato ognuna a proprio modo diventando complementari, mai uguali. Questa medaglia racchiude 26 scudetti e più di 150 campionati di Serie A nel corso dei quali hanno giocato quasi 3.300 partite. Quante volte si è detto, oggi come in passato, che se il Rovigo avesse il rigore tattico e la praticità del Petrarca non ci sarebbero stati avversari o se i bianconeri entrassero in campo lo spirito battagliero e indomito dei bersaglieri avrebbero vinto il doppio degli scudetti? Il fascino di questa eterna sfida sta forse in questa diversità che dal 1948 divide l’idea di rugby di Rovigo da quella del Petrarca.
Ma tra le due società ci sono anche dei punti in comune, primo tra tutti il rispetto della propria storia e dei propri protagonisti. In questo contesto è del tutto naturale che la “casa” del Petrarca, gli splendidi impianti della Guizza, porti il nome di “Memo” Geremia, il personaggio che più di ogni altro ha contribuito a costruire l’identità della società bianconera. Come non è casuale che il cuore pulsante della passione rossoblù sia il tempio del “Battaglini”, lo stadio più rugbystico d’Italia, intitolato al personaggio più celebre della storia del Rovigo. Se queste due arzille vecchiette del rugby italiano sono ancora davanti a tutte, pronte all’ennesima sfida-scudetto, è anche per ragioni come questa, non solo perché hanno due ottime squadre.